Può ormai ritenersi un principio giurisprudenziale consolidato: i ricoveri in RSA di pazienti non autosufficienti gravi, che non siano “meramente sostitutivi dell'assistenza familiare”, ma che siano “curativi”, al punto da costituire l'unica possibilità terapeutica e di mantenimento in vita della persona, i costi sono a totale carico del SSN.
Lo ha ribadito, con recente sentenza n. 1964/2017, pubblicata il 22 giugno scorso, il Tribunale ordinario di Monza* che, affrontando un caso di paziente affetto da disturbo psicotico grave, ed altre patologie collaterali (incontnenza, catetere ed altri presidi infermieristici) ha ritenuto che la spesa per il suo ricovero fosse esclusivo onere della Sanità Pubblica e non del paziente stesso e della sua famiglia. Il Tribunale ha richiamato gli assunti della Corte di Cassazione, ed in particolare quelli della recente pronuncia 22776 del 2016** secondo cui, dalla riforma del Sistema Sanitario del 1978 legge n.833, art. 30, e sue specificazioni (DPCM 1985; DPCM 14.2.2011) le prestazioni di natura socio sanitaria ad alta integrazione sanitaria (dalla quale vanno esclusi solo i ricoveri meramente sostitutivi dell'assistenza familiare) vanno interamente considerate terapie e rese nell'ambito della gratuità di sistema. E ciò anche se siano rese insieme a quelle strettamente connesse ed iscindibili di tipo alberghiero (letto, cibo ecc...).
Ma come fare per far valere tali principi se l'Amministrazione non ne volesse sapere? Che fare in caso siano comunque richieste all'utenza, quando va bene la quota sociale-alberghiera, quando va male l'intera retta di ricovero?
Pur non volendo sostiturci alle necessarie valutazioni del legale che valuti il caso concreto, si vuol qui dare dei suggerimenti pratici su come procedere.
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Effettuare un accesso agli atti (mediante richiesta scritta) alle istituzioni (comuni, asl, Società della Salute et similia, Rsa ecc...) che hanno in carico il paziente, richiedendo copia di tutto il fascicolo clinico (diari infermeristici, relazioni e valutazioni mediche specialistiche, cartella clinca e in generale tutto quanto possa costituire un fotografia chiara della patologia in atto, dall'inizio del ricovero ad oggi) e del fascicolo amministrativo (determine comunali, decisioni, piani individuali di assistenza, valutazioni multidimensionali e qualsiasi atto o decisione in punto di determinazione degli oneri da parte degli enti preposti) chiedendo la specificazione delle norme, delibere e regolamenti locali applicati al caso di specie.
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Preoccuparsi per tempo, nei casi in cui ve ne fosse bisogno, di rappresentare la persona gravemente malata, promuovendo la nomina di un Amministratore di Sostegno***, per poter, nell'eventualità che si rendesse necessaria una controversia, azionare i diritti e nominare legali per conto dell'interessato. Va ricordato, infatti, che unico titolare dei diritti in questione, anche laddove l'Amministrazione rivolgesse dirette richieste ai parenti (figli o referenti che siano), è e rimane esclusivamente il soggetto ricoverato.
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Sceglere con attenzione quel medico (meglio se specialista, geriatra, neurologo ecc...) che potrà relazionare sulla situazione clinica del paziente e fare da Consulente Tecnico di Parte laddove si rendessero necessarie azioni giudiziarie. La sua relazione costituirà il cuore della richiesta di copertura oneri alle Istituzioni Sanitarie e dovrà contenere i seguenti passaggi: a) descrizione malattia con riferimenti alla storia clincia e alle attuali condizioni nonché alla prognosi e probabile suo decorso, b) tipologia delle prestazioni sanitarie infermieristiche quotidiane, terapie farmacologiche necessarie alla cura e mantenimento della patologia in questione. Attenzione! Non solo le prestazioni al momento ricevute nella struttura ospitante, ma quelle necessarie secondo la buona prassi medico sanitaria. E' lo stesso Tribunale di Monza che ci ricorda infatti:
“Va ulteriormente precisato che in tale valutazione deve farsi riferimento non solo alle terapie in concreto prestate, ma anche a quelle che la struttura avrebbe dovuto prestare, con giudizio condotto alla stregua del parametro di diligenza professionale, alla luce delle patologie accertate.”
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Scegliere con attenzione quel legale che promuova i passi giusti per l'affermazione del diritto alla salute della persona ricoverata. A tal proposito, se le richieste stragiudiziali non sortissero effetto, esistono due vie con cui si può alternativamente procedere: la via del Tar competente, mediante l'impugnazione dell'atto dell'Amministrazione con cui si nega la copertura integrale e la via del Tribunale Ordinario (giudice del lavoro per competenza funzionale previdenza ed assistenza obbligatorie, ovvero giudice ordinario per tutela del diritto alla salute). La scelta, non facile né scontata, dovrà esser apprezzata con prudenza in base agli atti concreti del caso.
L'incertezza che domina le corti italiane, infatti, non esclude che vi siano, nel corso della vicenda, cambiamenti di rito e passaggi di giurisdizione. Chi decidesse di affrontare un giudizio, dovrà mettere in conto una ineliminabile incertezza sui tempi, costi ed esiti. Ma deve farsi, altresì, forte di un consolidato orientamento che, almeno al momento, parla forte e chiaro.
*Si ringrazia per la segnalazione l'Avv. Francesco Trebeschi
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